La stessa richiesta del sacramento deve trasformarsi in questi casi in occasione particolarmente preziosa di catechesi: «il parroco aiuti questi nubendi a riflettere sul significato della loro scelta e accerti, in ogni caso, che siano sinceramente disposti ad accettare la natura, i fini e le proprietà essenziali del matrimonio cristiano»5. Tutto questo esige un fraterno e spesso faticoso e difficile impegno di comprensione, di dialogo, di evangelizzazione, in cui, pur non dimenticando che questi fidanzati in forza del loro battesimo sono già inseriti in un vero e proprio cammino di salvezza6, le esigenze della carità siano sempre tenute presenti senza che questo sia a scapito delle esigenze della verità7.
Tuttavia, quando tutti i tentativi per ottenere un segno di fede, sia pure germinale, risultassero vani e i nubendi mostrassero di «rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la Chiesa intende compiere quando celebra il matrimonio dei battezzati»8, la doverosa decisione di non ammettere al sacramento – che in una società secolarizzata come la nostra può essere anche una dolorosa ma stimolante scelta pastorale9 – costituisce sempre «un gesto di rispetto di chi si dichiara non credente, un gesto di attesa e di speranza, un rinnovato e più grave appello a tutta la comunità cristiana perché continui ad essere vicina a questi suoi fratelli, impegnandosi maggiormente nella testimonianza di fede dei valori sacramentali del matrimonio e della famiglia»10.
Quanto poi al momento delle nozze, si ricordi quanto afferma il Direttorio di pastorale familiare: «per sottolineare la dimensione ecclesiale della celebrazione e il coinvolgimento dell’intera comunità parrocchiale, può essere talvolta opportuna una celebrazione del rito del matrimonio durante una delle messe di orario»11.
Essa richiede anche «la partecipazione piena, attiva e responsabile di tutti i presenti, secondo il posto e il compito di ciascuno: degli sposi anzitutto come ministri e soggetti della grazia del sacramento; del sacerdote in quanto presidente della assemblea liturgica e teste qualificato della Chiesa; dei testimoni non solo garanti di un atto giuridico, ma rappresentanti qualificati della comunità cristiana; dei parenti, amici e altri fedeli, membri di un’assemblea che manifesta e vive il mistero di Cristo e della Chiesa»12.
Come è necessario per ciascuna azione liturgica, occorre porre ogni attenzione e compiere ogni sforzo perché, senza rinunciare alla gioia e alla festa che devono connotare questi momenti, sia garantito un clima di raccoglimento, di partecipazione, di sobrietà e di corresponsabilità. Non va trascurata ne dimenticata la scelta della nostra Chiesa diocesana di non imporre tariffe per la celebrazione dei sacramenti, scelta ribadita anche dal Sinodo diocesano (Testo sinodale, n. 33)
In particolare, non ci si stanchi di educare e di stimolare la partecipazione piena, attiva e responsabile da parte di tutti i presenti13, a iniziare dagli sposi, che sono i ministri del sacramento.
Nello svolgimento del rito, nella scelta delle letture, nella preghiera dei fedeli, nei momenti di introduzione e di conclusione della celebrazione, si pensi il modo, intelligente e corretto, di favorire il loro intervento attivo.
Il carattere religioso e sacramentale della celebrazione esige una celebrazione insieme solenne e semplice, in grado di esprimere la verità del mistero che viene celebrato. Nel suo svolgimento esteriore, il rito sappia esprimere il senso della gioia e della festa cristiana14. Sistudino anche i modi e si mettano in atto le condizioni necessarie per favorire l’intervento attivo e consapevole dell’intera comunità presente, perché essa partecipi davvero al silenzio, all’ascolto, al canto, alla preghiera e così la festa e la celebrazione siano di una intera comunità cristiana. Tutto questo comporta anche la disponibilità di diversi ministeri e animatori.
Al fine di promuovere una prassi comune, per la preparazione prossima e immediata al matrimonio siano accolte le seguenti indicazioni:
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1) coinvolgimento della comunità e, in particolare, degli operatori di pastorale familiare in iniziative che dispongano i nubendi alla santità e ai doveri del loro nuovo stato (cfr can. 1063, n. 2)
2) colloqui con il parroco o con il sacerdote incaricato, “corsi per i fidanzati” e altre iniziative organiche per il cammino di fede dei nubendi, attraverso l’approfondimento non solo dei valori umani della vita coniugale e familiare ma anche dei valori propri del sacramento e della famiglia cristiana, con gli impegni che ne derivano;
3) tempo di preparazione immediata normalmente non inferiore a sei mesi;
4) incontri personali dei nubendi con il parroco per lo svolgimento dell’istruttoria matrimoniale e per la preparazione a una consapevole e fruttuosa celebrazione della liturgia delle nozze.
MOTIVI DI NECESSITÀ E DI CONVENIENZA PASTORALE PER L’ACCOGLIENZA DI NUBENDI PROVENIENTI DA DIOCESI NON ITALIANE
Ad integrazione di quanto stabilito dal CJC, dal Decreto generale sul Matrimonio, dal Direttorio di pastorale familiare della CEI, dal Direttorio liturgico pastorale e dal Testo sinodale della nostra Diocesi, al fine di definire i “motivi di necessità e di convenienza pastorale” per l’accoglienza di nubendi provenienti da Diocesi non italiane e che intendono celebrare il loro Matrimonio nella
- Diocesi di Sorrento Castellammare di Stabia si definisce che gli stessi rispettino uno o più criteri di seguito indicati:entrambi i nubendi, pur essendo residenti all’estero, sono cittadini italiani iscritti all’AIRE
- uno dei nubendi è italiano e residente in Italia e l’altro appartenente ad altro Stato
- nel territorio della Diocesi sono residenti familiari e parenti di primo grado;
- nella parrocchia in cui si desidera celebrare il Matrimonio sono stati celebrati uno o più sacramenti dell’iniziazione cristiana di almeno uno dei due nubendi
- nel territorio della Diocesi dimora un familiare di primo o secondo grado gravemente infermo o impossibilitato a muoversi (viaggiare) per raggiungere il luogo della celebrazione
- nella parrocchia in cui si desidera celebrare il Matrimonio si intende fissare la residenza della famiglia dei futuri sposi
- uno o entrambi i nubendi appartengono a famiglie del territorio della nostra Diocesi emigrate negli ultimi 50 anni per esigenze familiari o per motivi lavorativi
- uno o entrambi i nubendi sono nati o hanno dimorato per almeno 12 mesi nel territorio della nostra Diocesi (provato da certificato storico di residenza) e sono emigrati all’estero per esigenze familiari o lavorative
- uno o entrambi i nubendi provengono da paesi esteri e sono immigrati regolarmente nel territorio della nostra Diocesi, dove hanno fissato la residenza, per motivi lavorativi o familiari
CONDIZIONI PER L’ACCOGLIENZA DI MATRIMONI DI NUBENDI PROVENIENTI DA DIOCESI NON ITALIANE
- Tutti i contatti con il parroco della parrocchia nella quale si intende celebrare il Matrimonio e con la Curia arcivescovile devono essere tenuti direttamente dai nubendi e non da loro intermediari (familiari, amici, agenzie, ecc.)
- I nubendi devono presentare contestualmente una richiesta alla Curia e al Parroco della comunità in cui si intende celebrare il Matrimonio almeno 6 mesi prima della data prevista per la celebrazione; non è sufficiente che la richiesta venga inoltrata solo ad uno dei due interlocutori (Parroco e Curia) o al sacerdote/religioso responsabile della rettoria o del santuario nel quale di desidera celebrare la liturgia delle nozze
- La nostra Curia, attraverso l’ufficio Matrimoni, valuta le motivazioni pastorali e le condizioni di necessità per una eventuale autorizzazione della celebrazione e comunica entro 1 mese dalla data di ricezione della richiesta se la stessa viene accolta o meno
- Accolta la richiesta di celebrazione del Matrimonio nella nostra Diocesi si richiede che i nubendi incontrino almeno tre volte il parroco del territorio nel quale si intende celebrare il Matrimonio; gli incontri saranno di natura pastorale e finalizzati alla preparazione prossima della liturgia, fissando d’accordo con i nubendi il calendario degli incontri. Contestualmente a questi incontri i nubendi fisseranno uno o più incontri con il responsabile dell’ufficio Matrimoni per una verifica circa il completamento dell’istruttoria matrimoniale e la documentazione prodotta o da produrre.
- Nel caso di richieste provenienti da nubendi residenti all’estero l’ufficio Matrimoni della Curia dovrà poter aver accesso ai documenti almeno due mesi prima della celebrazione così da poter richiedere per tempo l’eventuale documentazione mancante; questi stessi documenti dovranno essere corredati di una traduzione in italiano, autenticata dall’autorità competente
- Nel caso di nubendi di lingua straniera gli stessi dovranno garantire per la celebrazione e per la validità giuridica della stessa la presenza al rito del Matrimonio di un officiante che conosca la lingua degli sposi.
APPENDICE
DOCUMENTAZIONE CIVILE RICHIESTA PER MATRIMONI PROVENIENTI DA DIOCESI NON ITALIANE
ad integrazione della documentazione prodotta dalla Diocesi di provenienza corredata del relativo Nulla Osta del proprio Ordinario Diocesano
A) Cittadini stranieri che intendono celebrare il Matrimonio in Italia:
• Nel caso di matrimonio concordatario: dichiarazione dell’autorità competente del proprio Paese
che, giusta le leggi cui è sottoposto, nulla osta al matrimonio (libertà di stato);
• Nel caso di matrimonio canonico dopo il civile: certificato originale del rito civile di matrimonio contratto nel proprio Paese.
B) Cittadini italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE (Albo degli Italiani Residenti all’Estero) che intendono celebrare il Matrimonio in Italia:
• Nel caso di matrimonio concordatario: certificato di eseguite pubblicazioni civili richiesto all’Ambasciata/Consolato d’Italia nella nazione in cui si risiede
• Nel caso di matrimonio canonico dopo il civile: certificato originale del rito civile di matrimonio civile contratto nello Stato in cui si ha la residenza o in un altro Stato.
In ogni caso, la celebrazione avvenga secondo i criteri di sobrietà e di ecclesialità. La nostra Chiesa con forza ricorda ciò il direttorio di pastorale familiare indica come criterio a riguardo: la celebrazione delle nozze “è anche un momento di festa, un incontro di famiglia e di amici. Ma la festa non è il lusso e non si identifica con lo spreco”.
Alla celebrazione vissuta nella sobrietà corrisponde la modalità della gratuità come ulteriore segno della credibilità della Chiesa che “annuncia, celebra e testimonia” l’amore gratuito di Dio. Gratuità che si esprime nel non imporre alcuna tariffa per le celebrazioni liturgiche ma di voler accogliere solo le offerte che spontaneamente verranno versate alla cassa parrocchiale.
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