Caro lettore, ovunque tu sia, nella chiesa di Sorrento o in qualsiasi posto in giro per il modo, la potenza del web ci consente di metterci in relazione e narrarci brevemente di quella settimana particolare di una cinquantina di persone, dal 22 al 28 Agosto 2016, trascorsa insieme quasi sempre oltre i duemila metri in Trentino Aldo Adige, con base a passo Oclini (Jochgrimm).
Ecco, è la fisicità di una condizione speciale, cioè il salire e restare sul monte, quella che ci ha fatto star bene; ma insieme al luogo mi sento di dire che la riflessione provocante dell’incontro, di ogni incontro di quella settimana, come di ogni passo sui percorsi montani o di ogni silenzio dei boschi ci ha interrogato e riempito il serbatoio del corpo, della mente e del cuore di un ossigeno vitale da spendere e spandere ora che siamo giù dal valico alpino.
Ma quali sono state le componenti atomiche di questo ossigeno? Non posso far altro che dirvi delle piccole grandi cose che ho raccolto e che partono tutte e sempre dal punto interrogativo, cioè dalla domanda, dalle domande, che attraversano la mia vita e che più che mai su quei monti sono state con me. Le impronte lasciate sui sentieri che abbiamo percorso sono probabilmente per me il segno delle tante domande che mi sono fatto o che ho ascoltato. E forse domandare e domandarsi per una persona di età adulta vuol dire regredire ad uno stato adolescenziale?
No, se il punto interrogativo è l’evangelico “cosa cercate?”.
No, se è la ricerca dell’essenziale.
No, se è chiedere il rispetto per la bellezza del creato e per la Bellezza di Dio, che si intravede e poi si svela nell’incontrarsi della Chiesa, nella prossimità della relazione tra persone, nella gratuità del dare.
Riprendendo le suggestioni che don Carmine Giudici ci ha lasciato vuol dire tornare a casa da Passo Oclini senza farsi prendere dal ritmo frenetico e distratto che rende troppe volte difficile o impossibile l’incontro con l’altro e con l’Alto, rompendo così la catena di regressione fatta appunto di fretta, cecità, virtualità, invisibilità, problematicità, scarto e colpevolizzazione.
Ma forse mi sono ancora perso tra i punti interrogativi e ho dimenticato che alcuni atomi dell’ossigeno del nostro bene lì sui monti ci sono stati svelati. In realtà esistono da duemila anni (come i metri della ns. altitudine), eppure sono sempre una novità.
Sono quelli evangelici del sale, cioè il sapore della vita, del pane spezzato, cioè la condivisione nella vita, e delle pietre di una tomba vuota, cioè il credere nella vita e oltre la vita. La miscela di questi atomi se ben combinata è puro ossigeno e rende la nostra aria davvero gradevole.
Io spero di muovermi per sostenerla e lo spero per tutti quelli che sono stati sulla montagna e per te che hai letto queste righe.
Ferdinando
Suoni DiVini giunge alla sua sesta edizione dopo un lungo percorso fatto di successi e apprezzamenti che ne hanno accresciuto il prestigio. Il progetto di un evento fatto di buona musica e non solo nasce nel 2009 dall’intento di riscoprire ed esaltare le ricchezze territoriali attraverso location suggestive ed eventi musicali, artistici e enogastronomici di grande spessore. Da allora ad oggi la kermesse, nata dall’idea di Mario Mormone suo direttore artistico, ha offerto momenti di intrattenimento unici sia per la bellezza dei siti sia per la qualità del programma.
Carissimi,
ci rimettiamo in cammino all’inizio di un nuovo anno liturgico; con l’Avvento riprende il nostro pellegrinare incontro al Signore. La nostra cognizione del tempo e i nostri limiti ci obbligano ogni volta a “riprendere” o a “ricominciare”, ci concediamo qualche pausa, talvolta rallentiamo il passo, altre volte lo acceleriamo, raramente ci mettiamo a correre… mentre il Signore non allenta mai il ritmo, ci viene incontro in maniera decisa, scende con dolcezza e potenza nella nostra vita e nella nostra storia, con tutto il carico della sua Grazia e della Pace tanto desiderata e attesa da tutti noi.
La parrocchia è semplicemente il luogo in cui questo cammino proviamo a farlo insieme. Soprattutto durante questo Anno santo della Misericordia siamo tutti chiamati ad avvicinarci, ad accostarci a Gesù, a “farcela con Lui”, a viverci la gioia di seguirLo per le strade di questa storia. Ecco perché ancora una volta ritroviamo in questo spazio di dialogo nel quale vi richiamiamo i PRINCIPALI APPUNTAMENTI PARROCCHIALI DELL’ANNO. Una trama di incontri e di esperienze attraverso i quali vorremmo ritrovarci con voi in questi significativi momenti di condivisione.
Orario invernale
Giorni feriali: ore 8.30 – 18.00
Giorni festivi: ore 8.30 – 11.15 – 17.30 – 19.00
Orario estivo
Giorni feriali: ore 8.30 – 19.30
Giorni festivi: ore 8.30 – 11.15 – 18.00 – 19.30
domenica 31 gennaio
domenica 28 febbraio
sabato/domenica 26/27 marzo nella Veglia della Notte di Pasqua domenica 24 aprile
sabato 28 maggio
domenica 26 giugno
domenica 31 luglio
domenica 25 settembre
domenica 30 ottobre
sabato 26 novembre
domenica 18 dicembre.
La preparazione per i genitori e padrini/madrine si tiene in incontri da fissare con i responsabili. Ulteriori informazioni sono contenute in una comunicazione che può essere richiesta in Parrocchia al momento della scelta della data in cui celebrare il Battesimo dei propri figli.
Domenica 22 maggio
Domenica 19 giugno
Domenica 18 settembre
Potranno celebrare la Prima Comunione i bambini che, avendo già frequentato la IV elementare, partecipano alla Catechesi settimanale ogni Sabato alle 15.30 e alla Celebrazione della Eucaristia in Parrocchia ogni Domenica alle 11.15 (seguirà una specifica comunicazione per le famiglie dei bambini che celebreranno la Prima Comunione). Tutti i bambini che si preparano a celebrare la loro prima Comunione si ritroveranno insieme per un Ritiro spirituale il giorno Sabato 14 maggio.
Vi chiediamo infine ancora una volta il dono della vostra preghiera. Non dimenticate di dire una parola buona a Dio anche per noi poveri preti e operatori pastorali di questa comunità, umili operai nella vigna del Signore.
Ne abbiamo bisogno.
Vi abbracciamo affettuosamente. Il Signore ci dia Pace!
Vostri, Don Carmine, Don Roberto
e il Consiglio pastorale parrocchiale
Sorrento, Avvento 2015
Ho letto in questi giorni di una protesta su TripAdvisor di un cliente (che si firma cico33) di una struttura ricettiva in Abruzzo che si è lamentato del fatto di aver trovato presso questa location turistica un gruppo di persone diversamente abili che – a suo dire – avrebbero rovinato la vacanza a lui e ai suoi figli. Il titolo della sua recensione è eloquente: “il pacco è servito”.
In questi stessi giorni (da martedì a domenica prossima) i nostri amici speciali dello Spazio aggregativo per persone diversamente abili della nostra Associazione “il PROSSIMO e il FUTURO”, insieme ad alcuni operatori, stanno trascorrendo qualche giorno di relax a Faicchio. E pensando a loro che vorrei dedicare la risposta di Iacopo Melio, anche lui una persona speciale, alle tante “teste a pinolo” che ancora non capiscono cosa significhi essere PERSONE UNICHE E SPECIALI!
Don Carmine
CARO TESTA A PINOLO, IO IN VACANZA CI VADO
Caro testa a pinolo…
No, non ho niente contro i pinoli e neanche contro le “teste a pinolo”, ché un po’ anche la mia ci somiglia. Ma avrei potuto iniziare questa lettera diversamente, ad esempio chiamandoti “testa di cazzo”. E allora ecco, credo che “testa a pinolo” possa essere un giusto compromesso tra il mantenere superiorità intellettuale mostrando rispetto e educazione, e lo sfotterti un po’ richiamando ugualmente “alla testa di cazzo” che hai dimostrato di essere.
Sì, caro il mio testa a pinolo. Ho saputo che sei stato in vacanza e che qualcosa è andato storto. Un gruppo di disturbatori ha infranto il tuo progetto di relax in mezzo al verde. Che magari te lo eri pregustato per tutto l’anno chiuso all’aria condizionata del tuo ufficio, in piena città, otto ore per cinque giorni tra noia e frustrazione.
Caro il mio testa a pinolo, nessuno poteva prevedere che in mezzo a cotanto grigiore non avresti resistito allo sbalzo della bellezza che irrompe, magica, nella vita di qualcuno.
Lo sbalzo emotivo è stato insostenibile perché, si sa, un disabile è una persona triste per natura, e quando qualcosa si rivela come non pensavamo che fosse ci destabilizza. Quando qualcosa sconfina dall’etichetta sociale che siamo soliti dargli, un po’ per rassicurare noi stessi e un po’ per sentirci migliori, si perde la bussola.
Per quelli infatti, i disabili che soffrono tanto (per definizione, appunto), ci sono gli ospedali, le case di cura e di riposo. Che se si chiamano “di cura” è normale che soffrano e se si chiamano “di riposo” va da sé che non è certo naturale per loro ballare, o cantare, o fare escursioni all’aria aperta come fanno tutti gli altri. Magari ridono anche, t’immagini?
Ecco. E allora? Cosa diamine si è inceppato nel magico cerchio della vita ai tuoi occhi miopi?
Caro il mio testa a pinolo… Mi trovo qui a scriverti due righe perché non so se un giorno anche io avrò dei figli come te. In realtà non so neanche se avrò un lavoro che mi permetterà di sognare una vacanza, ma andiamo per gradi: di certo una cosa l’ho ben chiara in testa, ed è la responsabilità genitoriale.
Se mai un giorno avrò dei figli vorrò insegnare loro che la vera disabilità è negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità possiamo solo imparare. Disabile è chi non è in grado di provare empatia mettendosi nei panni degli altri, di mescolarsi affamato con altre esistenze, di adottare punti di vista inediti per pura e semplice curiosità.
Citando una tua frase. “I disabili sono persone che purtroppo la vita gli ha reso grandi sofferenze ma vi posso assicurare che per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina.”.
Ecco, caro il mio testa a pinolo. Se un giorno avrò dei figli saranno sicuramente più fortunati dei tuoi che, poveracci, di colpe non ne hanno. Più fortunati perché scopriranno che la mia carrozzina non è né più né meno di un paio di scarpe nuove con le quali iniziare viaggi, avventure, sogni, destini, speranze.
Se un giorno avrò dei figli sapranno che il dolore, quello vero, è nascosto nell’indifferenza e non nella malattia. Che i brutti spettacoli del mondo ce li ha sempre “regalati” la cattiveria umana e mai la dignità. Che il mondo è popolato da persone diverse ma con gli stessi diritti. Che non esiste libertà abbastanza grande di quella che possiamo prenderci per essere felici.
Perché vivere significa questo: esser messi in condizioni di poter fare del nostro destino ciò che si vuole, senza mancare di rispetto (ah, che bella parola!) a chi ci sta intorno.
Quindi, caro il mio testa a pinolo… Non solo io in vacanza ci vado, quest’anno, come tutti gli altri anni. Ma ci andranno anche Marco, Matteo, Laura, Sara, Ilaria, Fabrizio, Ginevra, Alessandro… E tutti i ragazzi “speciali” di questo mondo, che di speciale non hanno niente se non la loro unicità: come me che ti ho scritto questo papiro di robe sconclusionate, forse, mosso da una frustrante sensazione di impotenza, e come te, caro testa a pinolo, che della vita non hai capito proprio niente.
Iacopo Melio
PS: “Bastava che la gente mi avvisava”… Il congiuntivo, perdiana! Almeno il congiuntivo…